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Internazionale!

milito
Le cose che accadono per prime nella storia sono sempre le più belle e rimangono nel mito negli anni a seguire: il primo amore, il primo giorno di scuola, o calcisticamente il primo mondiale, il primo scudetto e così via. Faticheremo - sbagliando - a dare a questa Inter degli anni Dieci l'appellativo di Grande come quella di Corso e Suarez, quasi a non voler intaccare il mito di una squadra da storia del calcio tanto che, come dice Freccia nel film di Ligabue, "belle così non ce ne saranno mai più".
L'impresa della tripletta compiuta dagli interisti quest'anno invece ha il sapore di un'epopea, di qualcosa che durerà negli anni a venire proprio perchè questa Inter, piaccia o no, ha saputo far squadra e crescere nelle vicissitudini anno dopo anno, rafforzandosi e credendo nelle sue capacità tornando ai livelli che meritava, senza nulla invidiare ai cugini milanisti per troppo tempo vincenti e strafottenti.

Per una persona come me, cresciuta negli anni Ottanta, adolescente nei Novanta, il Milan vincente in ogni dove di Sacchi e di Capello ha sempre rappresentato un mito al quale non si poteva resistere. L'Inter tuttalpiù una parente povera, una squadra in declino con un presidente spendaccione e una girandola di allenatori inutili con bomber in panchina. Faceva un po' tenerezza l'eterna sconfitta, relegata ad un umorismo da barzelletta come nell'immaginario collettivo solo i carabinieri.

Per queste ragioni ieri vedere alzare la coppa a tante maglie nerazzurre è sembrato come assistere ad una scena inedita ed inusuale (ed in effetti io 45 anni fa non c'ero e non c'erano nemmeno i colori in tv per distinguere l'Inter dal Milan in un'ipotetica istantanea di quel momento). Mi ha fatto girare la testa, incuriosito dalla sorte che prima o poi tocca a tutti: se sei una grande squadra di calcio, arriverà anche il tuo momento e la gioia allora sarà talmente immensa da diventare pura pazzia. Lo sguardo di capitan Zanetti ieri era ben diverso da quello di tutti gli altri capitani che hanno alzato la coppa dalle grandi orecchie negli scorsi anni. Era loco di gioia nella notte madrilena dove si interrompeva un digiuno di 45 anni. Mi ha ricordato la notte di Berlino con l'Italia che tornava a vincere dopo una generazione, la mia, che non aveva mai vissuto i festeggiamenti per un Mondiale, e in questo caso le generazioni di distanza erano addirittura due. Forse non ho potuto coglierne appieno la gioia non tifando Inter, ma senz'altro ho capito l'importanza storica e sportiva di un momento magico per una fetta di milanesi e in generale di italiani, a lungo digiuni del trofeo più prestigioso del nostro continente.

L'Inter ha vinto perchè in questa vicenda, finalmente, non ha avuto campioni panchinari e allenatori inutili. Il Presidente, certo, è sempre lui, ma conta fino ad un certo punto una volta che azzecca gli acquisti per gli anni seguenti. Quello che ha contato di più sono stati gli uomini in campo che hanno fatto una stagione grandiosa comportandosi (chi più chi meno) da vere bandiere nerazzurre come ormai ne restano poche nel calcio. Penso al grande cuore di Javier Zanetti, un uomo d'oro fuori e dentro dal campo, il capitano che tutti vorremmo, approdato all'Inter negli anni più bui e che ha vissuto questa cavalcata trionfale fino alla fine con una dedizione unica. Penso al "Principe" Milito, una perla che forse farà grande l'Argentina ai mondiali se Maradona saprà sfruttarla appieno, con una continuità spaventosa nel segnare in ogni match e dotato di un'umiltà rara. Una faccia triste che rimarrà simbolo di questa Inter che vince e piange, che soffre e sputa, lotta ed esulta. Penso infine al tanto discusso Jose Mourinho, presuntuoso ma adorabile,  che sa il fatto suo e ha fatto grande questa squadra con una sicurezza senza eguali. Un uomo distrutto dal sistema calcio italiano, fatto di gossip e veleni, di denunce e gestacci, e che abbandonerà presto verso altre vittorie in giro per l'Europa. Il suo pianto disperato non è forse l'immagine più bella - o almeno più significativa - di questa pazza Inter vincente e tormentata nell'animo per i continui attacchi e le cattiverie piovute da ogni dove negli ultimi mesi?

Ma la prima cosa che ho pensato davvero ieri sera, è stata la scritta che per anni ha campeggiato sul blog del milanista Farfintadiesseresani, garrulo e satollo delle continue vittorie milaniste negli ultimi vent'anni. Diceva orgogliosa:

"L'Inter non vince la Champions League da: XX anni, XX mesi, XX giorni, XX minuti".


Ho ricontrollato stamattina: quella scritta non c'è più. E' ormai barzelletta di un tempo passato.
Uno a uno, palla al centro.

Fermi tutti, arriva Mourinho

Prendete una tranquilla domenica pomeriggio, al termine delle partite del campionato. Dopo il fischio finale dell'arbitro, inizia la messa recitata delle interviste negli spogliatoi, con la sfilza di giornalisti a reggere il megafono ed amplificare "clamorose" dichiarazioni. Domande più lunghe della stessa risposta, contenenti già il commento che l'intervistatore di turno conferma placidamente:

Sì, è vero, è stata una partita sofferta ma con grande determinazione e con l'aiuto dei tifosi siamo riusciti ad ottenere un grande risultato.

Dispiace per la sconfitta, ma direi che tutto sommato non abbiamo demeritato.

Un pareggio è utile a smuovere la classifica.

Sono contento di aver segnato.

L'arbitro ha condizionato la gara.

Eccetera eccetera. Da anni la liturgia delle dichiarazioni pre-confezionate, prive di qualsiasi originalità ma soprattutto della personalità di chi le serve tiepide per i raggelati microfoni dei tele-tifosi, viene rispettata minuziosamente. Un canovaccio sicuro e affidabile che nessuno (calciatori, allenatori e dirigenti, salvo sparute e instabili eccezioni) si azzarda a smentire.
Prendete ora quella stessa tranquilla domenica pomeriggio, sempre al termine delle partite, e inserite in quel contesto appena descritto un elemento estraneo: straniero, nel vero senso della parola. Un allenatore più allenatore degli altri, portoghese però con trascorsi in Inghilterra, che i soprannomi se li conferisce da solo, dotato di carisma e arroganza, ma soprattutto di una lingua scioltissima. I giornalisti sportivi italiani, abituati a compilarsi da soli le interviste sfogliando il "Prontuario delle Dichiarazioni nel Calcio Italiano" (pare lo rilascino ai giocatori quando firmano un contratto e agli allenatori quando ritirano il patentino), si trovano spiazzati e impreparati ad affrontare una testa pensante, e iniziano a reagire negli unici due modi possibili per chi è refrattario alla critica equilibrata: l'Adorazione o la Maledizione.

L'allenatore che "non si sente il migliore del mondo, ma sicuramente pensa di essere migliore degli altri" si chiama Josè Mourinho, e da ormai quattro mesi viene stipendiato profumatamente dall'Inter Campione d'Italia. Sbarca dall'Inghilterra, dove alla prima conferenza da allenatore del Chelsea si definì "special one", e fu solo l'inizio di una lunga serie di perle autocelebrative e aggressive. Prima ancora, aveva vinto tutto, compresa una Coppa dei Campioni con i portoghesi del Porto, diventando culto nazionale: "Se avessi voluto un lavoro facile sarei rimasto al Porto, con una bellissima sedia blu, una Champions in bacheca, Dio e dopo Dio il sottoscritto".

Oggi è in Italia, non ha ancora vinto niente, la sua squadra pur essendo prima in classifica non brilla certamente per la qualità del gioco espresso, eppure è dilagata un'autentica mania per quello che dice; per quello che è, in un ambiente, il calcio italiano, in cui si pensa e si parla per sottrazione, annichilendo le personalità e uniformandosi al pensiero comune: ed ecco spiegato come sia potuto nascere il Ciclone Mourinho.

Mourinho sbanca il calcio italiano


Per l'esordio di fronte ai microfoni italiani si era preparato (come lui stesso ha ammesso) la famigerata battuta "io non sono un pirla", seducendo con una sola parola tifosi e giornalisti. Da quel momento è stato un costante distillare dichiarazioni, riuscendo nell'impresa di rendere interessante anche la canonica mezzora di conferenza stampa. E il fenomeno mediatico ha iniziato a gonfiarsi, una bolla che cresce ogni volta che Mourinho soffia la sua ironia mascherata da arroganza (o viceversa) e sulla quale i giornali hanno iniziato a fabbricare titoli su titoli. I giornalisti sportivi italiani si stropicciano gli occhi, increduli di fronte a questa benedizione dialettica che spazza via la polvere sullo spartito monocromatico della Serie A. Ascoltano, prendono nota, senza badare, per il momento, ai risultati ottenuti in campo.

Del resto gli italiani sono un popolo che da sempre ascoltano con più attenzione i pareri esterni. Infatti Mourinho non si è fatto pregare, e dopo alcune sterili polemiche sollevate per la sua mancata presenza in sala stampa dopo una partita di campionato, in maniera molto eloquente ha sentenziato lo stato attuale del calcio di casa nostra:

Mi sembra che gli italiani non sono tanto innamorati di calcio come io pensavo, sono innamorati più dello show televisivo. Vedo tutti preoccupati di piccole cose, che nello spettacolo calcio non significano niente, e nessuno preoccupato per uno sport che è importante nel mondo. Nessuno si preoccupa per il fatto che il calcio italiano è considerato un prodotto molto piccolo fuori dall'Italia, non paragonabile alla Premier League. Il Lecce mercoledì ha giocato con 3 portieri e 8 difensori eppure a fine gara tutti si sono preoccupati sul perchè a parlare con la stampa è venuto Baresi. Questo è il nostro mondo, che io ho scelto. La decisione di venire in Italia è stata mia, ma pensavo che l'Italia avesse più passione per il calcio e meno per tutto quello che c'è intorno.

Ha forse detto qualcosa di innovativo? Nient'affatto, eppure grazie al suo carisma e alla sua abilità mediatica, trasforma parole di buonsenso in verità sconcertanti, mettendo a frutto l'impostazione di sbruffone che si è dato: Mourinho infatti, sa essere pungente ma anche divertente. Ne è un esempio la ormai memorabile risposta al dirigente del Catania, tale Lo Monaco, secondo il quale la (presunta, ndr) spavalderia del tecnico portoghese gli farebbe meritare sonore " bastonate sui denti". Josè con molta flemma ha replicato inscenando un autentico siparietto surreale (vedi video).

Roberto Beccantini, sul Guerin Sportivo, ha così sintetizzato il Ciclone Mourinho:

Esploratore di luoghi comuni italiani, pronti a dimenticarsi del cuore del gioco (la partita) per dedicarsi al ricco contorno fumoso (le chiacchiere) e adulare chi riesce a propinare titoli su titoli, dichiarazioni su dichiarazioni, insomma quello che Berlusconi è riuscito a fare in politica: maneggiare ad arte la Comunicazione per imbrodolarci, ammaliarci. E' il fotografo degli italiani in posa.

Siamo così pronti, taccuini in mano, a continuare a pendere dalla labbra dello Straniero: "Io sono venuto in Italia e so quello che mi sono portato dietro. Anzi: io sono quello che mi porto dietro". Ed è colui che riesce a farci dimenticare, evidenziandone tutti i limiti, la natura conformista e lineare del calcio italiano.

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Quando li abbiamo visti davanti al nostro portone in Via Solferino, capimmo subito che sarebbero andati lontano. Poi infatti sono entrati.
(Il Corriere della Sera)

L'abbiam capito subito che di sport non capiscono una borsa, anzi un borsone. Meno male che non gli abbiamo aperto la porta!
(La Gazzetta dello Sport)

Vogliono fare giornalismo ma non sono minimamente all'altezza. Piuttosto che vadano a lavorare, ragazzetti pidocchiosi!
(Il Giornale)

Ci hanno riempito di tagliandi per vincere il concorso come Gruppo dell'anno. Ma chi si credono di essere?
(La Nuova Ferrara)

Giovani, belli e poveri. Cosa volere di più? Nell'Italia di Berlusconi un sito dinamico e irriverente si fa strada come può.
(Il Resto del Carlino)

Cagnazz è il Mickey Mouse dell'era moderna e le tavole dei Neuroni, arte pura.
Topolino)

Un sito dai mille risvolti, una miniera di informazioni, talvolta false, ma sicuramente ben raccontate.
(PC professionale)

Un altro blog è possibile.
(Diario)

Lunghissimo e talvolta confuso nella trama, offre numerosi spunti di interpretazione. Ottime scenografie grazie anche ai quadri del Dovigo.
(Ciak)

Scandalo! Nemmeno Selvaggia Lucarelli ha osato tanto!
(Novella duemila)

Indovinello
Sarebbe pur'esso un bel sito
da tanti ragazzi scavato
parecchio ci avevan trovato
dei resti di un tempo passato.
(La Settimana Enigmistica)

Troppo lento all'accensione. Però poi merita. Maial se merita!
(Elaborare)

I fighetti del pc della nostra generazione. Ma si bruceranno presto come tutti gli altri. Oh yes!
(Rolling Stone)

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