Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano.
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene.
Quando ho scoperto questo intenso pezzo di Francesco De Gregori facevo il liceo e devo aver preso quella piega romantica che ancora oggi riemerge nei momenti più impensabili. La prima immagine che mi veniva in mente era il famoso quadro di Friedrich, con il viaggiatore che guarda l'acqua frangersi sugli scogli, e pensa alla vita, all'infinito, e guarda dritto l'orizzonte senza paura.
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero,
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un pò alla vita.
Mi piace quest'immagine romantica del capitano che con sguardo fiero, petto in fuori e occhi socchiusi dal troppo vento rimane là, sicuro di cosa deve fare, di come ci si deve comportare. Un esempio per tutti. Non certo come i capitani che ci sono oggi. Di romantico non hanno più molto. Forse rimane l'esperienza, ma in fondo governare una nave altamente tecnologica dev'essere piuttosto semplice finché le cose vanno per il verso giusto. Non è mica da questi particolari che si giudicano i capitani.
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole qualcosa,
c'è sempre uno che gli risponde.
Ma capitano non te lo volevo dire,
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca,
così enorme, alla luce delle stelle,
che di guardarla uno non si stanca.
Il capitano è rispettato e prende le decisioni per il bene di tutti. Quando ordina qualcosa il mozzo esegue senza discussioni, ma la settimana scorsa le decisioni non le ha prese lui o sarebbe andata molto peggio. Non ha nemmeno obbedito agli ordini dei suoi superiori a terra, il capitano Schettino. E' un capitano moderno: celebra i matrimoni a bordo, fa il piacione con le signore attempate, dispensa sorrisi a completi in saldo, a polo inamidate, a cravattini stanchi. Non si prende le responsabilità se qualcosa va male, ma è colpa sua se qualcosa è andato liscio come l'olio. E' un capitano italiano. Non è nemmeno questione di essere capitani: è semplicemente italiano, schietto, semplice e scaltro. Persegue il suo interesse da bravo cittadino.
Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali,
ed ha un motore di un milione di cavalli
che al posto degli zoccoli hanno le ali.
La nave è fulmine, torpedine, miccia,
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio,
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia.
Il problema, capitano, è quando hai per le mani una piccola città. Quando da te dipendono le sorti di migliaia di turisti e lavoratori. Quando hai tutto questo potenziale sotto il culo e lo manovri con la leggerezza di chi tiene un chiosco di gelati. Se si distrae lui al limite si scioglie della crema, ma se lo fai tu, pluridecorato ed apprezzato professionista del mare, va a finire male. Ed è andata a finire anche bene, capitano Schettino, dalla tua idea di avvicinarti a riva per fare un salutino fino alla tua fuga alla chetichella per salvare le venerabili chiappe. Ti è andata bene che alla fine non sei dovuto tornare a bordo come ti hanno chiesto al telefono. Hai detto si, si, ora vado e poi sei rimasto giù perchè era buio e stava affondando tutto e l'ultimo dei tuoi pensieri era voler andare a picco con la tua nave, capitano. Non sei certo un eroe romantico come quello di De Gregori. Sei italiano, si salvi chi può, ognuno pensi per se stesso, come ci ha insegnato la peggiore classe dirigente di un paese europeo dal dopoguerra ad oggi.
In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento,
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo.
Il vostro futuro è tutto qui: un gigante riverso davanti un'isola bellissima che ora ha paura di quello che succederà, se il gigante vomiterà olio nero, se i rottami inquineranno le acque e la gente e i media non lasceranno l'isola alla sua tranquillità. Cent'anni dopo il più grande disastro marino della storia un incidente moderno che si poteva evitare, capitano, fossi stato meno cocciuto, meno sbruffone, meno sicuro di te, che in fondo non lo eri proprio per niente se al tuo confronto un tuo superiore che ti intima di fare il tuo dovere diventa addirittura un eroe, quando ha semplicemente svolto il suo compito in maniera ordinata e precisa. Forse hai peccato di superbia pensando di poter governare quella barchetta come volevi. Forse le leggi della fisica per te non valevano. O siete tutti pieni di prosopopea voi capitani, e le cose vanno sempre a finire nello stesso modo.
E il capitano disse al mozzo di bordo
"Giovanotto, io non vedo niente.
C'è solo un pò di nebbia che annuncia il sole.
Andiamo avanti tranquillamente".