Si chiamava Alvaro Recoba, quell'uruguagio con la faccia da cinese, i dentoni e i capelloni ciondolanti per il campo, e normale non seppe mai esserlo. Sono passati 10 anni e Recoba è sempre rimasto all'Inter, l'unico insieme al Capitano J. Zanetti. Ha passato tutte le traversie di questi lunghi e complicati dieci anni nerazzurri, giocando poco e male, mostrando tutto il suo campionario di apatia, incostanza e debolezza fisica. Eppure quando si decideva a giocare, non faceva mai cose banali. Soprattutto, aveva un sinistro della madonna. Così incostante, così capace di abbagliare anche un solo attimo grazie ai suoi improvvisi bagliori balistici, non poteva che diventare il mio giocatore preferito. Sulla maglia di calcetto della squadra del liceo, non esitai a farmi stampare, sopra al mio 21, EL CHINO. Anche dopo anni che ormai non la indosso quasi più (l'usura inizia a sgualcirla...) capita ancora che i miei compagni mi chiamino "Chino!", e io ne sono quasi orgoglioso. Recoba è stato una promessa mancata, una luce in fondo a un tunnel infinito. Un diamante grezzo, di cui nessuno sapeva che farsene perchè inservibile, ma che brillava di una luce imprevista e imprevedibile.
Oggi ha annunciato l'inevitabile partenza da una squadra diventata nel frattempo troppo matura e vincente per un tipo come lui. E' molto emblematico che proprio quando l'Inter inizia a stravincere con forza e ordine, Recoba saluta tutti e se ne va, senza che i tifosi lo rimpiangeranno. Tranne uno, che vedrà partire il suo primo e ultimo idolo calcistico della giovinezza sentendondosi un pò più solo nella sua fede nerazzurra, e incompreso.