Il
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Nome:
Pippo
Soprannome: Pippone
Cognome: Peppo
Qualifica: Studente promosso col calcio nel culo delle
superiori
Parere: Il nano ha detto che alla farnesina avrà di che
divertirsi . Ma che persona del cazzo. Scusate.... non ce
la faccio a trattenermi. E' proprio un uomo di merda.
Nome:
Giulia
Soprannome: Pisa
Qualifica: Dio in terra
Parere: Cosa ne penso? E' ovvio: Ruggiero era uno
competente ma non allineato con il Berlusca-pensiero,
Berlusconi voleva usarlo per dare una parvenza di
decenza al suo governo in Europa ma lui non c'è stato a
fare il fantoccio e così il gran capo l'ha mandato a
casa. Che Berlusc si tenga l'interim è assurdo, almeno
che non sia lui Dio in terra capace di essere ovunque
nello stesso momento... se dà il posto a Fini manderemo
in giro per l'Europa un convinto nazionalista e quindi
anti-europeista nonché post-fascista. Ma sarebbe sempre
meglio Fini della possibilità 2: Tremonti agli esteri (argh!)
Nome: Ezio
Soprannome: Eziuccio
Cognome: Mauro
Qualifica: Lavoratore instancabile
Dopo
appena sette mesi, il governo Berlusconi è andato a
cozzare dove l'ha trascinato la sua tragica deriva,
contro il muro dell'Europa, della politica estera, del
rapporto tra l'Italia e l'establishment internazionale,
che dopo l'euro sta costruendo le istituzioni
continentali. Rispetto a tutto ciò il berlusconismo è
anomalo, estraneo, diffidente e ostile. L'unico punto di
raccordo possibile - oltre al presidente Ciampi, che però
non governa - era il ministro degli Esteri Ruggiero, che
fino all'ultimo ha fatto l'impossibile per tenere
insieme il corpo europeo di cui l'Italia fa
irrevocabilmente parte, con l'anima berlusconiana,
ribelle ed eretica. Ieri anche quest'ultimo velo di
decenza europea si è rotto, Ruggiero si è dimesso dopo
una settimana di passione e l'Italia di Berlusconi torna
a galleggiare nel Mediterraneo, senza bussola e senza
l'unica stella polare oggi possibile, quella
dell'Europa. Un'Italietta autarchica, che lascia
stupefatte le cancellerie occidentali, per quella
combinazione di arroganza e di impotenza, prive entrambe
di ogni valore e di ogni cultura, che formano ancora una
volta il nocciolo duro di questa drammatica destra
italiana, anomala in patria e fuori. Con l'uscita di
scena di Ruggiero, clamorosa e devastante come una vera
e propria crisi di governo, questa destra è oggi nuda e
sola con se stessa. Se n'è andato l'unico elemento
spurio con il berlusconismo trasformato in Stato, in
comando e tra breve, probabilmente, in regime: un uomo
di grande esperienza internazionale (sia come
ambasciatore che come direttore del Wto, l'organismo del
commercio internazionale), di forti relazioni con
l'establishment italiano ed europeo. Tutte qualità,
doti e talenti che mancano alla destra berlusconiana,
che è destra allo stato puro, energia futurista, senza
esperienza politica e senza cultura di governo.
Attraverso un patto di scambio con i poteri forti,
tipico da Prima Repubblica, Berlusconi aveva
"comperato" sul mercato manageriale ciò che
la sua costituente politica non era in grado di
fornirgli: l'esperienza sperimentata di Renato Ruggiero.
L'Avvocato Agnelli e Ciampi avevano spinto
l'ambasciatore ad accettare, ritenendo che la politica
estera fosse la prova più critica tra tutte quelle che
attendevano il governo. Ruggiero aveva posto come
condizione soltanto di poter continuare ad essere se
stesso, cioè un europeista convinto (interprete in
questo della storia migliore del nostro Paese),
intenzionato a portare avanti una politica bipartisan
non per ammiccare alle sinistre, ma perché le grandi
scelte internazionali di un Paese consapevole del suo
ruolo e delle sue responsabilità devono essere
condivise da maggioranza e opposizione. Tutto ciò è
stato facilmente accettato da Berlusconi nel momento
trionfale in cui contava i voti ricevuti dagli italiani
e assemblava il governo, e il Cavaliere ha esibito
Ruggiero come un fiore all'occhiello nelle sue prime
uscite internazionali. Ma subito dopo sono cominciati i
guai. Il professionismo di Ruggiero assisteva allibito
alle gaffe del presidente del Consiglio, in ogni
pubblica occasione: dal giudizio sui
"comunisti" nel primo vertice internazionale
all'attacco ai giudici "di rito ambrosiano"
nell'ultimo, fino all'incidente sulla civiltà
"inferiore" dell'Islam. Ogni volta il ministro
doveva ricucire con partner infastiditi, stupefatti,
increduli. Ma intanto, dietro le gaffe spuntavano una
dietro l'altra le divergenze di politica estera: prima
le rogatorie, poi il mandato di cattura europeo, quindi
l'Airbus, infine il pasticcio sul nome di Amato
(indicato in patria e ritirato all'estero) per la
presidenza della convenzione europea. In realtà,
Ruggiero doveva prendere atto dell'inconciliabilità di
due politiche estere che nascevano da due culture
divaricate, opposte. Per il berlusconismo, che considera
la grande e legittima vittoria elettorale come un
mandato ad avere le mani libere da ogni regola, l'Europa
non è né un ideale né un'opportunità: semplicemente
un vincolo improprio. Non soltanto in termini economici,
di bilancio, per i parametri imposti a tutti i Paesi dal
patto di stabilità. Sono un vincolo le rogatorie
internazionali sottoscritte dalla Svizzera, è un
vincolo il mandato di cattura europeo e il tentativo di
creare uno spazio giuridico comune, è un vincolo
insopportabile addirittura la scelta europea di Amato
come vicepresidente della Convenzione, perché il
Cavaliere non è andato fino a Laeken - come ha
confidato - per far eleggere un socialista. E' un
vincolo anche l'euro, perché il titanismo autarchico
della destra italiana sogna di bypassare le cancellerie
europee e Bruxelles, dove "c'è del marcio",
per ritagliarci un ridicolo ruolo di partner
privilegiato di Bush e degli Usa: senza capire che il
rapporto con l'America oggi passa necessariamente
attraverso l'Unione, la sua moneta, le sue istituzioni
in fieri. A tutto questo, si è unito il tentativo di
ideologizzare l'antieuropeismo viscerale, naturale della
nuova classe dirigente di destra. Critiche alla Carta
dei diritti europei firmata a Nizza, critiche che
saldano insieme Bossi e l'Osservatore Romano, e
allontanano l'Italia da Bruxelles; attacchi all'"eurocrazia"
che dominerebbe il continente, contrapposta all'unzione
politica che tutto permette ai nuovi governanti
italiani; polemiche con l'"euroutopia" di
Prodi e della sinistra italiana, messe a confronto con
il nuovo spirito ribelle della destra berlusconiana che
sa far valere interessi nazionali, brandisce il
prosciutto di Parma nei vertici, rompe con una
concezione che ha costretto l'Italia a stare nel gregge
europeo "con il ruolo di suddito" e non di
padrone. E' una linea che ha rapidamente sconvolto la
scala di valori europei che il nostro Paese aveva
costruito per decenni, prima per merito dei dirigenti
democristiani e di laici come Ugo La Malfa, poi con il
miracoloso aggancio all'euro realizzato negli anni
dell'Ulivo da Prodi e da Ciampi. L'Italia in Europa da
punto di forza è diventata in pochi mesi una variabile
indipendente. Non si sa che cosa farà, cosa chiederà,
cosa potrà proporre, perché non si conosce la sua
cultura politica di riferimento. Si sa soltanto che non
ci sta, che cerca ogni volta una prova di forza, e
intanto mugugna. Siamo davanti a un'altra operazione
alchemica di Berlusconi, la trasformazione di una sua
privata ossessione in senso comune degli italiani, come
spesso avviene. In questo caso, si sta facendo crescere
tra i cittadini l'idea di un'Europa ostile e matrigna,
terra di democrazia impropria e di poteri oscuri come le
"lobby" che secondo il Cavaliere operano nel
marcio di Bruxelles. Un'Europa che ci vuole deboli e
sudditi, come la sinistra ha accettato di farci
diventare: finché è arrivato il liberatore, che
sorretto dalla spada di Tremonti e dalle legioni di
Bossi restituirà all'Italia il suo destino, a partire
dal prosciutto. Il risultato di questo tragico disegno
è l'erosione dell'europeismo spontaneo, persino
irrazionale degli italiani. Anzi: una messa in guardia
nei confronti dell'Europa, proprio nei giorni in cui i
nostri risparmi in banca si cominciano a contare in
euro. Che senso aveva per un uomo come Ruggiero fingere
di reggere la politica estera formale dell'Italia,
quando la cultura europea sottostante slittava nella
direzione opposta, trascinando il tutto? E' rapidamente
cresciuto l'isolamento del ministro (difeso soltanto da
An) e insieme con l'isolamento politico è cresciuta
fino a ingigantirsi anche la sua alterità
antropologica, la sua diversità umana e culturale dalla
logica del partitoazienda trasformato in governo del
Paese. Allora, come avviene in ogni branco, sono
cominciati gli assalti al ministro isolato: massone,
cavallo di Troia della sinistra, uomo dei poteri forti,
plutocrate, tecnico che si è montato la testa. I suoi
pari grado (per ruolo, non per competenza) lo
insultavano nelle interviste concordate a raffica,
ricordandogli che un tecnico è poco più di uno sherpa,
non conta nulla, soprattutto in un governo dove c'è un
uomo solo al comando. Il capo del governo, che avrebbe
dovuto difenderlo, lo ha zittito. L'anomalia doveva
finire, l'Italia berlusconiana non può avere un
ministro filoeuropeo alla Farnesina, soprattutto non può
concepire un tecnico autonomo nelle sue convinzioni,
nelle sue esperienze, nella sua cultura. Non c'è
nessuna autonomia possibile dal berlusconismo imperante:
questa è la vera lezione che si vuole impartire a
futura memoria, con il caso Ruggiero. E non c'è nessun
vincolo che può fermare la forza nascente del nuovo
regime: né Ciampi, né l'Europa, né l'establishment
internazionale con le sue critiche.
Il profilo del Paese che si ricava da questa impresa, è
tragico, spaventato e spaventoso insieme. Un'Italia
chiusa in sé, a testa bassa contro l'Europa senza
frontiere, incapace di preservare le sue opportunità
migliori di dialogo e di relazione con la classe
dirigente europea. Un'Italia che si condanna alla
marginalità, gonfia di retorica di destra, incattivita,
illusa dalla forza che non ha, mentre scivola in basso
nella carta geografica del continente, proprio là dove
il Cavaliere colloca le "civiltà inferiori"
che sta cercando di raggiungere.
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