Che Dio ci perdoni. E lo farà. E' il suo mestiere. (Marcello Marchesi)    
    
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Ultimo aggiornamento: 27/07/2002
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Immagini mosse di Tyche

Cari amici e amiche,
tornata da due intensi giorni genovesi, il desiderio più grande è quello di fare il mio dovere di “chi c’era”, raccontandovi la mia esperienza. Desidero estrarre da quella strana vertigine che provo ogni volta che sento, che vedo Genova 2001 e ricordo Genova 2002 qualche fotogramma, qualche frammento di ciò che ho potuto provare, respirare in quei giorni, tra quella gente…

Desidero raccontare la Genova che mi girava intorno, quella che ho sentito vibrare sotto i passi di un corteo in festa, il gelo di chi era rimasto suo malgrado al posto di lavoro, al servizio di un’orda di perfidi terroristi, la curiosità malcelata del controllore che forandomi il biglietto ha atteso un istante prima di distogliere lo sguardo e passare avanti (ora potrà dire di avere avuto un incontro ravvicinato con una no-global…), ma soprattutto la città solidale, che ci ha accolti col sorriso sulle labbra e la cortesia di tutti i giorni… Vi dirò di questo, le riflessioni a voi. Le mie sono quelle che mi hanno portato fino qui. Riconfermate, rinvigorite.
 

Immagini mosse

Genova, 20-21/VII/2002

 

Arrivati in questa città che più che un luogo, uno spazio fisico, per molti oggi rappresenta un’esperienza, uno stato d’animo, un simbolo scomodo di una ferita riapertasi tra la società e le istituzioni, si percepisce, mischiata alla gioia di ritrovarsi, una sensazione opprimente di ritardo.

 

Prima tappa, Piazza Alimonda, sabato e domenica meta di un incessante, laico pellegrinaggio. La piazza invasa sembra così piccola, gli occhi cadono subito nel punto dove Carlo è caduto dopo che ancora una volta uno Stato intollerante, col nome generico di un giovane carabiniere, si è permesso di uccidere. Impossibile non provare un senso di vuoto; manca qualcosa, ma nel dolore di Haidi e Giuliano Giuliani c’è molta dignità e voglia di guardare avanti. Silenzio, canzoni in sottofondo, nelle quali a turno ogni componente del Movimento può ritrovare le proprie radici.

In questa piazza, alle 17.27 del 20/07/2001, è morto un ragazzo come noi. Ma in questa piazza, scriverà Donata Bonometti del Secolo XIX, è risorta la partecipazione.

Lascio un messaggio a Carlo. Andiamo.

 

Piazze tematiche, un luogo d’incontro tra persone, tra generazioni e associazioni… qui si fa politica, con banchetti e punti informativi. Palloncini, striscioni, volantini ammassati sui tavoli, persone che vanno e vengono freneticamente… tutto questo, ben oltre la parola, serve a comunicare uno spirito, un modo speciale di vedere la realtà e di agire su di essa.

Mi vengono in mente le parole di Anna Pizzo, giornalista di Carta: “fare comunicazione è un atto politico”. Com’è vero! Che cosa più dei modi e dei contenuti della comunicazione contribuisce a formare un insieme di idee, di valori e di concetti-base coi quali poi giudicare il reale? Penso che, paradossalmente, più si cerca di tenersi informati più si diventa comunicazione-dipendenti; e qui entra in gioco l’importanza del pluralismo…

 

18.30, la tanto attesa manifestazione, quella festa giunta in ritardo di almeno un anno, quella festa che ora si libera con grande energia e sfila allegra per un paio d’ore attraverso una città a tratti compiaciuta, a tratti intimidita. Ma la gente c’è, è solidale. Passiamo attraverso quella che era la zona rossa, un boato, un dolce senso di liberazione… Forse ora i fatti (sempre che così si possano definire… Insisto: le esperienze) di Genova 2001 sono davvero esorcizzati, la gente si è riappropriata del suo diritto a vivere la città, a dissentire, a esprimersi.

Sentiamo che Genova è per noi.

 

Vagabondaggio per i vicoli, la famosa Via del Campo, quattro chiacchiere col barista del Bangladesh, sorrisi rubati a chi si incontra per strada; a Ponte Parodi dovrebbe tenersi un concerto che non accenna ad iniziare per qualche (giusta) protesta.

Ok, per oggi basta, cerchiamo questo campo sportivo (Lagaccio) che con pedana rialzata di legno e tendone sopra la testa sembra un albergo a cinque stelle. Sento solo un accenno di stanchezza, penso alla mia prima notte all’aperto, un freddo terribile benché fosse estate, gli elicotteri che passavano di continuo sopra la testa. Qui, nulla di tutto ciò. Sorrido, non mi sembra possibile, forse sto già sognando e mi addormento.

 

Una mattina

Mi son svegliato

Oh bella ciao, bella ciao,

Bella ciao ciao ciao

Qualcuno torna dal concerto…

 

Domenica. Ci alziamo e andiamo alla ricerca di un giornale (con la g minuscola), un caffè forte e qualche amico disperso nella giungla di tende.

Assemblea plenaria.

Il nostro futuro non è in vendita.

E’ la mia prima plenaria, eppure non mi sento in più, non mi sento estranea a ciò che viene spiegato e dibattuto, sono in sintonia con molte posizioni e critica verso altre. Sono contenta. Sul palco si avvicendano i relatori, qualcuno in ritardo (mi sento a casa…) si fa perdonare con un bel discorso, spontaneo e sincero.

- Haidi Giuliani non può mancare, applausi e un ringraziamento per la sua forza, la sua tenacia e per il suo incoraggiamento. Tra le altre cose chiede al Movimento di non lasciarsi tentare dal cercare padri o portavoce preferenziali cui poi addossare tutte le responsabilità. E’ una grande educatrice, applaudo convinta.

- Bernocchi (Cobas) nota come nella manifestazione del giorno prima, in cui pure vi sono stati alcuni momenti di tensione (che non condivido, ma sono tentata di giustificare), contrariamente all’anno scorso non vi siano stati incidenti. Osserva anche che quest’anno, contrariamente all’anno scorso, non vi erano polizia e carabinieri. Ovazione del pubblico.

- Padre Zanotelli saluta con una lettera che suscita qualche protesta. Il mio pensiero è che la ruggine che si è creata nel frattempo tra Rete Lilliput e resto del Movimento contribuisca ad un’interpretazione errata di alcune parti del messaggio. Cita, tra le altre cose, la società civile organizzata, e la invita a rivendicare il proprio ruolo di fonte primaria di proposte democratiche. Si prosegue.

- Tocca a Casarini, tempo dopo, tentare di giustificare un comportamento troppo indisciplinato e irresponsabile dei Disobbedienti, a mio avviso con scarsi risultati.

 

Si cerca di fare il punto sui problemi principali che oggi affliggono il Movimento, dalla difficoltà di mantenere la coesione rispettando e valorizzando le diversità, all’eccessiva visibilità di alcune componenti a scapito di altre, nonché di stabilire le linee guida per il prossimo autunno.

Tra un intervento e l’altro c’è tempo per una chiacchierata e qualche veloce riflessione personale.

 

Mi guardo intorno e vedo come la sala sia semivuota e come molti di coloro che hanno partecipato attivamente alle iniziative del sabato, rimasti a Genova preferiscano socializzare piuttosto che assistere all’assemblea (capisco che molti contenuti e strategie siano risaputi, ma…).

Sospendo questo pensiero che ha già trovato risposta e, influenzata dalle discussioni sul palco, individuo un altro rischio che questo Movimento plurale, cui pure aderiscono più di mille associazioni, corre: l’autoreferenzialità. Penso alla rete di controinformazione e altrainformazione che il Movimento ha saputo creare, ma soprattutto al fatto che questi canali, attendibili spesso al pari –se non di più- dei mezzi di comunicazione ufficiali tendano a scorrere sotterranei, tra coloro che già conoscono le realtà in movimento, per i quali i fatti, le parole riportate assumono un significato più profondo, che va oltre il semplice messaggio scritto. Un esempio per tutti. La parola migrante (mai sentirete immigrato) non è semplicemente un vocabolo politically correct, ma racchiude in sé un’idea più grande: che l’Uomo abbia diritto di muoversi, di spostarsi da un luogo ad un altro per poter vivere dignitosamente. Le leggi che vengono approvate un po’ dappertutto in Occidente sono, invece, lesive in molti casi del diritto di asilo, collegato a quello inviolabile alla vita.

Ma per gli altri? Per quelli che non avranno la fortuna di imbattersi in questo nuovo (per contenuti e proposte) tipo di informazione, occorre pensare a fare emergere e moltiplicare i canali informativi, velocemente. Perché un altro mondo sia possibile, un’altra informazione (diffusa) è necessaria.

 

Ora di pranzo, persa in questi pensieri me ne ero dimenticata. Una pausa ci voleva.

Rientrati scopriamo che gli organizzatori hanno deciso di regalarci la proiezione di Bella Ciao e nell’attesa qualcuno comincia a perdere la pazienza (ecco un altro problema del Movimento…). Qualcuno che voleva parlare prima del documentario rinuncia, altri no e sentiamo un bel discorso sulla nonviolenza.

Parlano i registi, ci dicono che probabilmente questa sarà l’ultima proiezione pubblica di Bella Ciao. Siamo già dispiaciuti per questa notizia ma finita la proiezione non possiamo più crederci… Distribuitelo, distribuiamolo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Bella Ciao.

Applausi, un nodo alla gola, una sensazione di vertigine incolmabile mi accompagnerà fino a casa. Quello che ho visto, quello che è accaduto in quei giorni, in quei luoghi deve essere il fondo. Non possiamo permettere che accada di nuovo, in nessun caso, in nessun luogo. Eppure, nonostante i pestaggi e le violazioni ingiustificati, i ragazzi, le ragazze, gli uomini e le donne di Genova ci sono ancora, sono attivi e non si sono lasciati intimorire.

Un grazie a tutti loro.

 

 

E così riprende il viaggio

Come dopo il naufragio

Un superstite lupo di mare*.

 

Non so che ne sarà di Bella Ciao, se verrà diffuso o no entro quest’anno.

Per quelli che erano a Genova l’anno scorso, e per chi sa cosa è avvenuto una cosa è chiara: continuare a raccontare, come preferiamo, come pensiamo sia meglio, è un dovere. Ricordiamo, riflettiamo, raccontiamo, qualcuno ascolterà. Noi, non stanchiamoci, perché raccontare è resistere*.

 

L.C.

*G. Ungaretti, Allegria di naufragi

*J. Guimarães Rosa, poeta brasiliano (1908-1967)


Genova per noi di Alex

Qualche mese fa iniziavo un mio piccolo scritto su Genova su queste pagine citando Christophe Aguiton e da li devo ripartire anche questa volta “Genova la più importante mobilitazione mai realizzata contro la globalizzazione liberista.” Questo che era sostenuto da chi ha partecipato alle giornate di Genova dell’anno scorso ad un anno di distanza è diventato realtà per tutti, ora tutti lo sanno solo chi si ostina a negare la realtà può negarlo, questo ha permesso di smettere di sostenere quello che Genova è stato e finalmente si può fare un bilancio di un anno, di un anno di lotte, di un anno di manifestazioni, di un anno di discussioni, di un anno di litigi, di un anno di feste e colori, di un anno senza Carlo, di sogni, di un anno d’amori, di un anno come non se ne vedevano da tempo, di un anno dove “Genova è un’idea come un’altra” si è trasformata in “Genova non è un’idea come un’altra”. Tutto questo l’abbiamo capito nelle tre giornate di Genova di quest’anno ci siamo accorti di quanto abbiamo costruito quanto abbiamo fatto, abbiamo assunto una coscienza che prima non avevamo, e ora questa consapevolezza da una forza incredibile, la giornata di domenica è stata un’altra giornata di discussioni, ma per la prima volta si e smesso di ripararsi dietro alle solite dichiarazioni, e si è iniziato a discutere su alcuni problemi reali ai quali il movimento va incontro, si è iniziato a capire che i cosiddetti capi (d’organizzazioni e partito) non hanno più il peso che avevano prima, ormai il movimento è uno unito e compatto. Qualcuno sostiene ancora oggi che il movimento non debba essere così ampio, ma questo qualcuno evidentemente doveva essere cieco e sordo durante le tre giornate di Genova 2002, altrimenti avrebbe visto che il movimento ha preso coscienza della sua enorme diversità che lo compongono, ed è proprio da li che il movimento, o meglio le persone non i gruppi, vogliono ripartire, si è visto anche durante la proiezione del famoso e sempre più censurato “Bella ciao” alcune persone hanno iniziato un delirante litigio, e la massa ha risposto con un “Vergognatevi tutti” come a ricordare che tra noi si litiga si, ma su fatti reali e il litigio deve portare ad una soluzione. A tutto questo si aggiunge un altro elemento che aiuta questa grande unione, per la scienza politica un movimento crea un legame molto particolare alle generazione che lo vivono, così i partigiani ad oltre 50 anni di distanza mantengono ancora un unità incredibile, e tra loro hanno un rapporto che nessuno può capire, lo stesso è avvenuto per chi ha vissuto il ’68 e probabilmente anche a chi ha vissuto il ’77 e questo legame straordinario sta nascendo anche in questa generazione che si ritrova dentro al movimento, è un legame difficile da spiegare e difficile da comprendere per chi non vive il movimento, ci si considera tutti amici, fratelli, compagni, l’unione non esiste solo quando si è in piazza e nei momenti di difficoltà, l’unione c’è anche quando si seduti uno di fronte all’altro a parlare, l’unione c’è in ogni momento vissuto assieme. Genova questa anno è servito ad assumere questa coscienza, Genova dicevo non è un idea come un’altra, è diventata un po’ la casa di tutti noi di chi come me è nel movimento ancora prima di Genova e di chi inizia a fare i suoi primi passi solo ora,  poi Genova 2002 è stato anche altro è stato sicuramente la dimostrazione di come SI POSSONO evitare scontri, la grande manifestazione di 200.000 persone di sabato è servita anche a questo, tutti uniti tutti compatti, trasformando Genova nell’enorme festa che l’anno scorso si era vista solo il giovedì, senza nemmeno un poliziotto o carabiniere lungo le strade, senza distruzione senza morti, questo è il modo di gestire una manifestazione in piazza, e probabilmente se avessero applicato questo stesso metodo l’anno scorso non avremmo vissuto il momento così duro del sabato pomeriggio in piazza Gaetano Alimonia, anzi no in piazza Carlo Giuliani Ragazzo, è pensando a Carlo che voglio concludere, uscendo dalla polemica martire, eroe, teppista, delinquente, non mi interessa penso a Carlo come uno di noi e basta, penso che Carlo non è lui è basta, ma come ha detto sua madre sabato è tutti i Carlo del mondo, al suo posto poteva essere chiunque di noi, mi piacerebbe che tutti pensassero al fatto che un ragazzo di 20 anni è morto… morto!! Sostengo ora più che mai che la vita è quanto di più sacro esista, sia che uno sia credente o no, il valore della vita non può essere messo in discussione, mi piacerebbe che tutti pensassero a questo e smettendola di fare polemiche si rendessero conto che ad un ragazzo di 20 anni è stata tolta la vita, concordo con la madre di Carlo, è stato bello l’abbraccio di chi era con noi fin dall’anno scorso, e non era gradito l’abbraccio di chi l’anno scorso non c’era, ma queste persone saranno aspettate a braccia aperte se dimostreranno da ora in avanti di aver capito di aver sbagliato e se dimostreranno questo con i fatti, il primo passo l’hanno compiuto, si sono chinati davanti al luogo dove Carlo è morto per depositare un fiore.

Genova dove tutti uniti si lotta per un mondo migliore, dove ci s’innamora, dove si ride, dove si vive, dove le idee sono forti e non moriranno davanti all’odio e alla paura, dove si è tutti fratelli, dove si canta, dove si litiga ma poi subito si fa la pace, dove si dichiara guerra alla guerra, dove gli esclusi sono i nostri fratelli, dove i potenti sono disprezzati ma li si attende comunque sperando che cambino, dove si sogna, dove forse, anzi no dove si vince e si cambia il mondo, Genova dicevo non è un’idea come un’altra. Ciao Carlo.

 

 

 

   

 

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