Immagini
mosse
di
Tyche
Cari amici e
amiche,
tornata da due intensi giorni genovesi, il desiderio più grande
è quello di fare il mio dovere di “chi c’era”, raccontandovi la
mia esperienza. Desidero estrarre da quella strana vertigine che
provo ogni volta che sento, che vedo Genova 2001 e ricordo
Genova 2002 qualche fotogramma, qualche frammento di ciò che ho
potuto provare, respirare in quei giorni, tra quella gente…
Desidero
raccontare la Genova che mi girava intorno, quella che ho
sentito vibrare sotto i passi di un corteo in festa, il gelo di
chi era rimasto suo malgrado al posto di lavoro, al servizio di
un’orda di perfidi terroristi, la curiosità malcelata del
controllore che forandomi il biglietto ha atteso un istante
prima di distogliere lo sguardo e passare avanti (ora potrà dire
di avere avuto un incontro ravvicinato con una no-global…),
ma soprattutto la città solidale, che ci ha accolti col sorriso
sulle labbra e la cortesia di tutti i giorni… Vi dirò di questo,
le riflessioni a voi. Le mie sono quelle che mi hanno portato
fino qui. Riconfermate, rinvigorite.
Immagini mosse
Genova, 20-21/VII/2002
Arrivati in questa
città che più che un luogo, uno spazio fisico, per molti oggi
rappresenta un’esperienza, uno stato d’animo, un simbolo scomodo
di una ferita riapertasi tra la società e le istituzioni, si
percepisce, mischiata alla gioia di ritrovarsi, una sensazione
opprimente di ritardo.
Prima
tappa, Piazza Alimonda, sabato e domenica meta di un incessante,
laico pellegrinaggio. La piazza invasa sembra così piccola, gli
occhi cadono subito nel punto dove Carlo è caduto dopo che
ancora una volta uno Stato intollerante, col nome generico di un
giovane carabiniere, si è permesso di uccidere. Impossibile non
provare un senso di vuoto; manca qualcosa, ma nel dolore di
Haidi e Giuliano Giuliani c’è molta dignità e voglia di guardare
avanti. Silenzio, canzoni in sottofondo, nelle quali a turno
ogni componente del Movimento può ritrovare le proprie radici.
In questa piazza,
alle 17.27 del 20/07/2001, è morto un ragazzo come noi. Ma
in questa piazza, scriverà Donata Bonometti del
Secolo XIX, è risorta la partecipazione.
Lascio un
messaggio a Carlo. Andiamo.
Piazze tematiche,
un luogo d’incontro tra persone, tra generazioni e associazioni…
qui si fa politica, con banchetti e punti informativi.
Palloncini, striscioni, volantini ammassati sui tavoli, persone
che vanno e vengono freneticamente… tutto questo, ben oltre la
parola, serve a comunicare uno spirito, un modo speciale di
vedere la realtà e di agire su di essa.
Mi vengono in
mente le parole di Anna Pizzo, giornalista di Carta: “fare
comunicazione è un atto politico”. Com’è vero! Che cosa più
dei modi e dei contenuti della comunicazione contribuisce a
formare un insieme di idee, di valori e di concetti-base coi
quali poi giudicare il reale? Penso che, paradossalmente, più si
cerca di tenersi informati più si diventa
comunicazione-dipendenti; e qui entra in gioco l’importanza del
pluralismo…
18.30, la tanto
attesa manifestazione, quella festa giunta in ritardo di almeno
un anno, quella festa che ora si libera con grande energia e
sfila allegra per un paio d’ore attraverso una città a tratti
compiaciuta, a tratti intimidita. Ma la gente c’è, è solidale.
Passiamo attraverso quella che era la zona rossa, un boato, un
dolce senso di liberazione… Forse ora i fatti (sempre che così
si possano definire… Insisto: le esperienze) di Genova 2001 sono
davvero esorcizzati, la gente si è riappropriata del suo diritto
a vivere la città, a dissentire, a esprimersi.
Sentiamo che
Genova è per noi.
Vagabondaggio per
i vicoli, la famosa Via del Campo, quattro chiacchiere col
barista del Bangladesh, sorrisi rubati a chi si incontra per
strada; a Ponte Parodi dovrebbe tenersi un concerto che non
accenna ad iniziare per qualche (giusta) protesta.
Ok, per oggi
basta, cerchiamo questo campo sportivo (Lagaccio) che con pedana
rialzata di legno e tendone sopra la testa sembra un albergo a
cinque stelle. Sento solo un accenno di stanchezza, penso alla
mia prima notte all’aperto, un freddo terribile benché fosse
estate, gli elicotteri che passavano di continuo sopra la testa.
Qui, nulla di tutto ciò. Sorrido, non mi sembra possibile, forse
sto già sognando e mi addormento.
Una mattina
Mi son
svegliato
Oh bella ciao,
bella ciao,
Bella ciao ciao
ciao
Qualcuno torna dal
concerto…
Domenica. Ci
alziamo e andiamo alla ricerca di un giornale (con la g
minuscola), un caffè forte e qualche amico disperso nella
giungla di tende.
Assemblea
plenaria.
Il nostro
futuro non è in vendita.
E’ la mia prima
plenaria, eppure non mi sento in più, non mi sento
estranea a ciò che viene spiegato e dibattuto, sono in sintonia
con molte posizioni e critica verso altre. Sono contenta. Sul
palco si avvicendano i relatori, qualcuno in ritardo (mi sento a
casa…) si fa perdonare con un bel discorso, spontaneo e sincero.
- Haidi Giuliani
non può mancare, applausi e un ringraziamento per la sua forza,
la sua tenacia e per il suo incoraggiamento. Tra le altre cose
chiede al Movimento di non lasciarsi tentare dal cercare
padri o portavoce preferenziali cui poi addossare tutte le
responsabilità. E’ una grande educatrice, applaudo convinta.
- Bernocchi (Cobas)
nota come nella manifestazione del giorno prima, in cui pure vi
sono stati alcuni momenti di tensione (che non condivido, ma
sono tentata di giustificare), contrariamente all’anno scorso
non vi siano stati incidenti. Osserva anche che quest’anno,
contrariamente all’anno scorso, non vi erano polizia e
carabinieri. Ovazione del pubblico.
- Padre Zanotelli
saluta con una lettera che suscita qualche protesta. Il mio
pensiero è che la ruggine che si è creata nel frattempo tra Rete
Lilliput e resto del Movimento contribuisca ad
un’interpretazione errata di alcune parti del messaggio. Cita,
tra le altre cose, la società civile organizzata, e la
invita a rivendicare il proprio ruolo di fonte primaria di
proposte democratiche. Si prosegue.
- Tocca a Casarini,
tempo dopo, tentare di giustificare un comportamento troppo
indisciplinato e irresponsabile dei Disobbedienti, a mio avviso
con scarsi risultati.
Si
cerca di fare il punto sui problemi principali che oggi
affliggono il Movimento, dalla difficoltà di mantenere la
coesione rispettando e valorizzando le diversità, all’eccessiva
visibilità di alcune componenti a scapito di altre, nonché di
stabilire le linee guida per il prossimo autunno.
Tra un intervento
e l’altro c’è tempo per una chiacchierata e qualche veloce
riflessione personale.
Mi guardo intorno
e vedo come la sala sia semivuota e come molti di coloro che
hanno partecipato attivamente alle iniziative del sabato,
rimasti a Genova preferiscano socializzare piuttosto che
assistere all’assemblea (capisco che molti contenuti e strategie
siano risaputi, ma…).
Sospendo questo
pensiero che ha già trovato risposta e, influenzata dalle
discussioni sul palco, individuo un altro rischio che questo
Movimento plurale, cui pure aderiscono più di mille
associazioni, corre: l’autoreferenzialità. Penso alla
rete di controinformazione e altrainformazione che il
Movimento ha saputo creare, ma soprattutto al fatto che questi
canali, attendibili spesso al pari –se non di più- dei mezzi di
comunicazione ufficiali tendano a scorrere sotterranei, tra
coloro che già conoscono le realtà in movimento, per i
quali i fatti, le parole riportate assumono un significato più
profondo, che va oltre il semplice messaggio scritto. Un esempio
per tutti. La parola migrante (mai sentirete immigrato)
non è semplicemente un vocabolo politically correct, ma
racchiude in sé un’idea più grande: che l’Uomo abbia diritto di
muoversi, di spostarsi da un luogo ad un altro per poter vivere
dignitosamente. Le leggi che vengono approvate un po’
dappertutto in Occidente sono, invece, lesive in molti casi del
diritto di asilo, collegato a quello inviolabile alla vita.
Ma per gli altri?
Per quelli che non avranno la fortuna di imbattersi in questo
nuovo (per contenuti e proposte) tipo di informazione, occorre
pensare a fare emergere e moltiplicare i canali informativi,
velocemente. Perché un altro mondo sia possibile, un’altra
informazione (diffusa) è necessaria.
Ora di pranzo,
persa in questi pensieri me ne ero dimenticata. Una pausa ci
voleva.
Rientrati
scopriamo che gli organizzatori hanno deciso di regalarci la
proiezione di Bella Ciao e nell’attesa qualcuno comincia
a perdere la pazienza (ecco un altro problema del Movimento…).
Qualcuno che voleva parlare prima del documentario rinuncia,
altri no e sentiamo un bel discorso sulla nonviolenza.
Parlano i registi,
ci dicono che probabilmente questa sarà l’ultima proiezione
pubblica di Bella Ciao. Siamo già dispiaciuti per questa
notizia ma finita la proiezione non possiamo più crederci…
Distribuitelo, distribuiamolo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Bella Ciao.
Applausi, un nodo
alla gola, una sensazione di vertigine incolmabile mi
accompagnerà fino a casa. Quello che ho visto, quello che è
accaduto in quei giorni, in quei luoghi deve essere il
fondo. Non possiamo permettere che accada di nuovo, in nessun
caso, in nessun luogo. Eppure, nonostante i pestaggi e le
violazioni ingiustificati, i ragazzi, le ragazze, gli uomini e
le donne di Genova ci sono ancora, sono attivi e non si sono
lasciati intimorire.
Un grazie a tutti
loro.
E così riprende
il viaggio
Come dopo il
naufragio
Un superstite
lupo di mare*.
Non so che ne sarà
di Bella Ciao, se verrà diffuso o no entro quest’anno.
Per quelli che
erano a Genova l’anno scorso, e per chi sa cosa è
avvenuto una cosa è chiara: continuare a raccontare, come
preferiamo, come pensiamo sia meglio, è un dovere. Ricordiamo,
riflettiamo, raccontiamo, qualcuno ascolterà. Noi, non
stanchiamoci, perché raccontare è resistere*.
L.C.
*G. Ungaretti,
Allegria di naufragi
*J. Guimarães
Rosa, poeta brasiliano (1908-1967)
Genova per
noi
di
Alex
Qualche
mese fa iniziavo un mio piccolo scritto su Genova su queste
pagine citando Christophe Aguiton e da li devo ripartire anche
questa volta “Genova la più importante mobilitazione mai
realizzata contro la globalizzazione liberista.” Questo che era
sostenuto da chi ha partecipato alle giornate di Genova
dell’anno scorso ad un anno di distanza è diventato realtà per
tutti, ora tutti lo sanno solo chi si ostina a negare la realtà
può negarlo, questo ha permesso di smettere di sostenere quello
che Genova è stato e finalmente si può fare un bilancio di un
anno, di un anno di lotte, di un anno di manifestazioni, di un
anno di discussioni, di un anno di litigi, di un anno di feste e
colori, di un anno senza Carlo, di sogni, di un anno d’amori, di
un anno come non se ne vedevano da tempo, di un anno dove
“Genova è un’idea come un’altra” si è trasformata in “Genova non
è un’idea come un’altra”. Tutto questo l’abbiamo capito nelle
tre giornate di Genova di
quest’anno ci siamo accorti di quanto abbiamo costruito quanto
abbiamo fatto,
abbiamo assunto una coscienza che prima non avevamo, e ora
questa consapevolezza da una forza incredibile, la giornata di
domenica è stata un’altra giornata di discussioni, ma per la
prima volta si e smesso di ripararsi dietro alle solite
dichiarazioni, e si è iniziato a discutere su alcuni problemi
reali ai quali il movimento va incontro, si è iniziato a capire
che i cosiddetti capi (d’organizzazioni e partito) non hanno più
il peso che avevano prima, ormai il movimento è uno unito e
compatto. Qualcuno sostiene ancora oggi che il movimento non
debba essere così ampio, ma questo qualcuno evidentemente doveva
essere cieco e sordo durante le tre giornate di Genova 2002,
altrimenti avrebbe visto che il movimento ha preso coscienza
della sua enorme diversità che lo compongono, ed è proprio da li
che il movimento, o meglio le persone non i gruppi, vogliono
ripartire, si è visto anche durante la proiezione del famoso e
sempre più censurato “Bella ciao” alcune persone hanno iniziato
un delirante litigio, e la massa ha risposto con un
“Vergognatevi tutti” come a ricordare che tra noi si litiga si,
ma su fatti reali e il litigio deve portare ad una soluzione. A
tutto questo si aggiunge un altro elemento che aiuta questa
grande unione, per la scienza politica un movimento crea un
legame molto particolare alle generazione che lo vivono, così i
partigiani ad oltre 50 anni di distanza mantengono ancora un
unità incredibile, e tra loro hanno un rapporto che nessuno può
capire, lo stesso è avvenuto per chi ha vissuto il ’68 e
probabilmente anche a chi ha vissuto il ’77 e questo legame
straordinario sta nascendo anche in questa generazione che si
ritrova dentro al movimento, è un legame difficile da spiegare e
difficile da comprendere per chi non vive il movimento, ci si
considera tutti amici, fratelli, compagni, l’unione non esiste
solo quando si è in piazza e nei momenti di difficoltà, l’unione
c’è anche quando si seduti uno di fronte all’altro a parlare,
l’unione c’è in ogni momento vissuto assieme. Genova questa anno
è servito ad assumere questa coscienza, Genova dicevo non è un
idea come un’altra, è diventata un po’ la casa di tutti noi di
chi come me è nel movimento ancora prima di Genova e di chi
inizia a fare i suoi primi passi solo ora, poi Genova 2002 è
stato anche altro è stato sicuramente la dimostrazione di come
SI POSSONO evitare scontri, la grande manifestazione di 200.000
persone di sabato è servita anche a questo, tutti uniti tutti
compatti, trasformando Genova nell’enorme festa che l’anno
scorso si era vista solo il giovedì, senza nemmeno un poliziotto
o carabiniere lungo le strade, senza distruzione senza morti,
questo è il modo di gestire una manifestazione in piazza, e
probabilmente se avessero applicato questo stesso metodo l’anno
scorso non avremmo vissuto il momento così duro del sabato
pomeriggio in piazza Gaetano Alimonia, anzi no in piazza Carlo
Giuliani Ragazzo, è pensando a Carlo che voglio concludere,
uscendo dalla polemica martire, eroe, teppista, delinquente, non
mi interessa penso a Carlo come uno di noi e basta, penso che
Carlo non è lui è basta, ma come ha detto sua madre sabato è
tutti i Carlo del mondo, al suo posto poteva essere chiunque di
noi, mi piacerebbe che tutti pensassero al fatto che un ragazzo
di 20 anni è morto… morto!! Sostengo ora più che mai che la vita
è quanto di più sacro esista, sia che uno sia credente o no, il
valore della vita non può essere messo in discussione, mi
piacerebbe che tutti pensassero a questo e smettendola di fare
polemiche si rendessero conto che ad un ragazzo di 20 anni è
stata tolta la vita, concordo con la madre di Carlo, è stato
bello l’abbraccio di chi era con noi fin dall’anno scorso, e non
era gradito l’abbraccio di chi l’anno scorso non c’era, ma
queste persone saranno aspettate a braccia aperte se
dimostreranno da ora in avanti di aver capito di aver sbagliato
e se dimostreranno questo con i fatti, il primo passo l’hanno
compiuto, si sono chinati davanti al luogo dove Carlo è morto
per depositare un fiore.
Genova dove tutti
uniti si lotta per un mondo migliore, dove ci s’innamora, dove
si ride, dove si vive, dove le idee sono forti e non moriranno
davanti all’odio e alla paura, dove si è tutti fratelli, dove si
canta, dove si litiga ma poi subito si fa la pace, dove si
dichiara guerra alla guerra, dove gli esclusi sono i nostri
fratelli, dove i potenti sono disprezzati ma li si attende
comunque sperando che cambino, dove si sogna, dove forse, anzi
no dove si vince e si cambia il mondo, Genova dicevo non è
un’idea come un’altra. Ciao Carlo.
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