Fragmenta
Raccolta di pensieri ed aforismi del nostro tempo
Un altro problema
viene proposto dalla nuova divisione del mondo. Nel 1951 il
demografo francese Alfred Sauvy scrisse un libro, grazie al cui
titolo si è cominciato a parlare di primo, secondo e terzo
mondo. Con la fine degli anni ottanta tutto questo è cambiato:
non esistono più un primo, un secondo e un terzo mondo, ma solo
un mondo sviluppato e un mondo in via di sviluppo.
Il mondo
sviluppato è il mondo del consumismo intensivo e sempre
crescente. Il mondo non sviluppato è il mondo dell’indigenza
permanente. Un’indigenza che, ovviamente, presenta varie
gradazioni; ma, in linea generale la visione si presenta proprio
in questi termini e, nella sua impostazione generale, appare
anche molto stabile.
La tipicità di
un’economia sottosviluppata consiste nel non essere in grado di
generare i fattori del proprio sviluppo. Vale a dire che, se non
riceve aiuti dall’esterno, dal mondo sviluppato – vuoi sotto
forma di capitali e tecnologie, vuoi sotto forma di accesso ai
mercati – non progredisce ma resta condannata a un generale
deperimento. Possiamo considerare questo fenomeno come una forma
di dominazione del mondo sviluppato su quello sottosviluppato.
Quali altre
interdipendenze legano i due mondi?
Nel primo è in
atto un continuo sviluppo, che pur tra gli alti e bassi dovuti a
recessioni ed altri intoppi, resta sempre uno sviluppo. Le élite
di questo mondo sono quindi interessate a una cosa sola, a
mantenere le loro società in uno stato di tranquillo consumismo.
Questo è di solito il criterio base del loro comportamento. Il
consumismo intensivo richiede tranquillità. Non si può consumare
se intorno tira aria di burrasca. Quindi, all’irrequieta e
incombente realtà del mondo sottosviluppato, le élite rispondono
con provvedimenti da fortezza assediata, con una sempre più
accentuata sindrome da bunker.
La società
opulenta vede nel mondo sottosviluppato tutta una serie di
minacce. Il suo ragionamento è il seguente: se appena facciamo
tanto di mettere il naso fuori dai nostri recinti, troviamo
mille pericoli in agguato. In Russia, la mafia; al Sud, i
fondamentalismi islamici ecc. Guerra ovunque. Quindi non ci
resta che chiudere a doppia mandata le frontiere e proteggere a
oltranza il nostro tranquillo consumismo.
Si tratta di una
mentalità terribilmente difensiva, tipica di chi non ha la
minima intenzione di risolvere la situazione. Si cerca solo di
far durare il più possibile la fase del consumismo intensivo.
Ryszard
Kapuściński, Lapidarium (raccolta di frammenti
pubblicata nel 1995)
«Berlusconi fa
pensare all’America latina, a Collor de Mello in Brasile: è il
prototipo del populismo mediatico. La differenza è che il
premier italiano possiede lui stesso i mezzi di comunicazione».
Guy Hermet, Le Monde, 18 maggio 2002
«La scena
politica italiana ha tre volti: il populismo mediatico di
Berlusconi, il populismo revisionista di Gianfranco Fini e il
populismo etnico di Umberto Bossi. Quest’ultimo è il più
pericoloso dei tre. Il più apertamente razzista».
Le Nouvel Observateur, 13 giugno 2002.
Straordinarie
notizie dal cielo. «Forza Italia è un miracolo della
provvidenza. L’avvento di Berlusconi è un evento quindi non
spiegabile con la ragion politica».
Don Gianni Baget Bozzo, Agi, 15 giugno, ore 15.40
Non tutti sono
disposti a riscrivere la Storia. «Dire la verità oggi,
trasmettere la memoria, significa ricordare, anche in questi
giorni difficili e turbolenti, che il governo fascista di Vichy
non rappresentava la Francia. La Francia era la Resistenza».
Jean-Pierre Raffarin, Primo ministro francese, 21 luglio 2002
Compito numero
uno non è la cosiddetta “concordia nazionale” della quale altri
vanno blaterando, ma la totale eliminazione dei nostri nemici,
nella vita nazionale, nella magistratura, nell’esercito,
nell’insegnamento, nel sindacato».
Giovanni Preziosi, lettera a Mussolini, 31 gennaio 1944
Il contesto gli
ha dato alla testa. «Le espressioni di Scajola erano per certi
versi blasfeme. Ma anche nella Bibbia si può trovare che Dio non
c’è, se uno prende una frase togliendola dal suo contesto».
Rocco Buttiglione, ministro delle Politiche Comunitarie, 2
luglio, ore 17,10
«Abbiamo finito
di leggere con orrore le prediche di chi invita
alla sobillazione, alla rivolta, alla disobbedienza e fornisce
istruzioni su come aggirare la Bossi-Fini. Si tratta di palesi
reati. Ma in Italia non c’è l’obbligatorietà dell’azione
penale?».
Gigi Moncalvo, Direttore, La Padania, 15 luglio, pag. 1
«Ci sono due
stranezze nella legge italiana anti-immigrati. La prima è che
gli italiani non sono razzisti e la legge lo è. La seconda è che
proprio un governo che invoca la flessibilità vuole una legge
che la impedisce».
The Wall Street Journal, Editoriale, 16 luglio, pagina 12
"Nella lotta
alla mafia nessun impiego di risorse finanziarie produrrà
effetti se lo Stato e le istituzioni non sono in grado di
apparire imparziali distributori della fiducia necessaria al
libero svolgimento della vita civile".
Paolo Borsellino, 17 novembre 1988
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